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Francia: buone etichette e cattivi guanti
Dalla Francia, durante questa estate, ci sono giunte varie notizie. Una positiva, le altre un po' meno.
Quella positiva è questa: in Francia alcuni produttori di abbigliamento non certificato hanno iniziato a inserire una etichetta dove si ricorda la non certificazione e quindi la inferiorità in termini di protezione del capo. Un esempio è la giacca Dexter D63, recensita dal sito amico www.lequipement.fr. All'interno, su una etichetta, si dichiara proprio la non certificazione e la protezione solo in caso di intemperie.
L'altra serie di notizie è questa: come già scritto qui e qui, in Francia si usa fare strane certificazioni, che a nostro avviso portano confusione agli utenti (di tutta Europa, essendo un mercato unico).
La storia è questa: il guanto Bering Janus è stato dichiarato come certificato EN 135941.. Ora questo guanto, ad occhio, è costruito con materiali - tessuto - che è impossibile resistano ai test previsti dalla EN 13594. Successivamente è emerso che tali guanti sono certificati CE 89/696/CEE cat. 2, basandosi sulla EN 13594 e approved according by expert. Avevamo errato pensando inizialmente che si fosse trattato di una certificazione 89/686/CEE cat. 1; vari guanti, anche di marche come Dainese, vengono certificati CE cat. 1 con una sorta di "autocertificazione" e non secondo la EN 13594.
Ricercando ancora un po' abbiamo scoperto che alcuni laboratori francese utilizzano invece un "protocollo per la valutazione della conformità alla direttiva 89/686/CEE dei guanti di protezione per i motociclisti non professionisti". Uno standard privato, insomma.
Sappiamo già che, siccome le autorità francesi hanno imposto ai guanti importati di avere una certificazione, alcune aziende hanno certificato massicciamente 89/686/CEE cat. 1 dei guanti di dubbia qualità, a volte anche mostrando -impropriamente- il pittogramma della EN 13594. Ma ora ci troviamo di fronte ad uno standard privato, organizzato in due livelli, che alcuni dicono di utilizzare in quanto i suoi requisiti saranno quelli della futura EN 13594 (ma allora perché non certificare con le norme bozza già esistenti scrivendo che la norma di riferimento è la prEN 13594: 20xx?).
Abbiamo quindi chiesto un parere all'esperto di certificazioni Paul Varnsverry il quale, come già in passato, ci ha gentilmente risposto in modo dettagliato e professionale.
La norma da noi descritta (lo standard privato) sembrava ricalcare essenzialmente il contenuto di alcune bozze della futura EN 13594. Il problema maggiore, che si presenta con il "livello 1" dello standard "privato" in oggetto è che solo il palmo della mano verrà testato, e quindi alcuni consumatori penseranno di usare un guanto di una certe protezione quando in realtà la protezione offerta è minore.
"I produttori rispettabili non lo faranno - lo faranno le aziende poco raccomandabili che hanno già dimostrato una volontà di aggirare e evitare i requisiti delle direttive riguardanti i DPI nel loro sforzo di ingannare i motociclisti consumatori sul fatto che i loro prodotti sono qualcosa che in verità non sono."
Ecco questo è anche il nostro timore, ma, in effetti, noi pensiamo che il problema sia più ampio. Forse pecchiamo di "nozionismo giuridico" ma a nostro avviso se esiste una normativa in vigore bisogna utilizzare quella, precisamente quella, senza giochetti sull'uso del termine professionale o meno, senza certificati CE cat. 1 non adatti a proteggere i motociclisti ma piuttosto i giardinieri e le sarte (con rispetto parlando). Al limite potrebbe essere utilizzata la bozza di una futura norma, una bozza discussa in ambito pubblico ed europeo e, in qualche modo "certa".
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Commenti
1 comment postedbell'articolo complimenti ancora... Anche in italia abbiamo le certificazioni "dubbie" alla ricotest per intenderci... Ci vuole una legge precisa c'è poco da fare!