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Intervista a Paul Varnsverry sull'abbigliamento omologato
Questa è la prima di una serie di interviste, le domande che abbiamo preparato saranno sempre le stesse. Cambiano gli interlocutori: dopo questa rilasciata da un eminente esperto ascolteremo tre rappresentanti di altrettante aziende del settore-.
Paul Varnsverry collabora nello sviluppo degli standard sin dal 1984. Ha collaborato in quanto membro del CEN e della BSI nello sviluppo della EN 13595. Collabora in materia di protezioni con il Ministero della Difesa, con commissioni parlamentari e con la polizia del Regno Unito.
Motosicurezza: Come descriverebbe, in poche righe, il modo in cui usualmente i motociclisti e "scooteristi" si proteggono in Europa?
Paul Varnsverry: I motociclisti hanno differenti approcci alla questione di cosa indossare. Gli scooteristi e coloro che guidano in città spesso indossano abbigliamento normale. Gli entusiasti che guidano in strade aperte generalmente investono in abbigliamento specifico in pelle o tessuto. Pochi motociclisti indossano abbigliamento protettivo che soddisfa gli Standard Europei, ma questo è perché fino ai giorni recenti le marche maggiori non avevano preso la decisione di far approvare i loro prodotti e così l'abbigliamento omologato CE era offerto solo da marche di nicchia.
Ms: Il Cambridge Standard è una realtà da 15 anni, la en 13595 da 7; ma sono relativamente poco applicate (come anche la en 13634 e la en 13594), secondo lei perché? Vi è una responsabilità (sia in positivo che in negativo) delle aziende e della stampa?
PV: L'industria motociclistica europea ha speso gran parte degli anni Novanta in campagne contro la preparazione degli standard. Asserivano che le normative sarebbero state usate per forzare gli utenti a indossare abbigliamento omologato. Questa, a mio avviso, non è mai stata una questione reale e ci sono due vere ragioni perché molte aziende non favorirono gli standard: primo non avevano la competenza tecnica per produrre capi conformi e inoltre sapevano che i loro prodotti non sarebbero riusciti a soddisfare i requisiti degli standard e questo sarebbe stato dannoso a per la reputazione che si erano create attraverso il marketing.
Recentemente alcune grandi marche hanno prodotto capi omologati EN 13595 e sono disponibili da diverso tempo calzature conformi alla EN 13634. I guanti sono i soli capi dove non è stato ancora compiuto un grande sforzo. Credo che esista una sola azienda che produce guanti che rispettano la EN 13594. Piuttosto l'industria focalizza i propri sforzi sulla revisione degli standard per avere requisiti molto più bassi, invece che sviluppare i propri prodotti. Gli standard dovrebbero essere un punto di riferimento al quale i prodotti dovrebbero aspirare. Quel che l'industria sta cercando di ottenere è scrivere uno standard al livello delle importazioni economiche, la cui produzione costa solo pochi euro, ma che può esser venduta al dettaglio con rincari di oltre 100 euro. (Continua... click su "leggi tutto")
Ms: Lei pensa che se tutti i consumatori usassero abbigliamento en 13595 sarebbe positivo?
PV: Preferirei una maggiore disponibilità nella scelta di abbigliamento certificato. Non è bene che siano disponibili solo poche marche e modelli. Credo che ogni produttore dovrebbe essere incoraggiato a offre una piccola gamma di prodotti certificati EN 13595. Il consumatore dovrebbe avere il diritto di scegliere la marca che preferisce e di scegliere se acquistare capi omologati o meno di tale marca.
Ms: L'abbigliamento omologato è realmente più protettivo di quello non certificato? (risponda citando dati)
PV: Generalmente sì. L'abbigliamento omologato è stato valutato per la resistenza del materiale, delle cuciture e di molteplici altri fattori relative alla protezione. Esiste qualche capo d'abbigliamento non certificato molto buono, ma dà fiducia al consumatore solo perché i materiali di cui è fatto sembrano robusti.
Sfortunatamente anche se qualche capo è fatto di materiale robusto spesso non è correttamente assemblato e può avere cuciture deboli. Ho visto tute da gara realizzate in ottima pelle, ma dotate di cuciture singole esposte, che a contatto con la superficie stradale verrebbero distruttte in pochi millisecondi dall'impatto, portando ad un "fallimento" catastrofico del capo. Ho presentato indagini su tali capi in documenti che ho prodotto per alcuni casi giudiziari. Un altro aspetto di questa questione è l'errato accoppiamento di pelle molto robusta con filo molto sottile e debole. Di nuovo, le forze coinvolte in un impatto semplicemente romperanno il filo e ancora una volta gli effetti saranno catastrofici.
Dati su capi non protettivi sono presentati nella pubblicazione della American Society for Testing and Materials denominata “Performance of Protective Clothing; Fifth Volume”, che può esser scaricata da:
http://www.astm.org/DIGITAL_LIBRARY/STP/SOURCE_PAGES/STP1237.htm
Ho un database di valori per vari capi di abbigliamento per motociclisti, ma sono proprietà delle compagnie e delle organizzazioni che hanno commissionato il lavoro. Posso al limite citare il valore di abrasione da impatto per il denim, che ha una resistenza media alla abrasione di 0.18 secondi. Il requisito minimo dello Standard Europeo EN 13595 è di un secondo [N.d.R.: zona 4 livello 1] - ed è per le aree dell'indumento (e quindi del corpo) che hanno il minor rischio di incorrere regolarmente a contatto con la superficie stradale in un impatto e in una scivolata sull'asfalto. Queste aree sono la parte frontale dell'addome, l'interno delle cosce e aree altrimenti protette dalle calzature da motociclismo. Per le aree ad alto rischio di impatto i requisiti sono 4 e 7 secondi [N.d.R.: EN 13595 zone 1 e 2, livello rispettivamente 1 e 2. Il livello 3 del Cambridge Standard prevede 12 secondi].
Ms: La en 13595, en 13634 e la en 13594 saranno presto aggiornate; quale è il suo auspicio?
PV: Gli standard non dovrebbero essere cambiati. Alcuni produttori vorrebbero ridurne i requisiti. Questo non perché gli standard siano troppo severi, ma solo perché i prodotti di questi "lobbisti per la riduzione" sono deboli, prodotti in economia e non possono sperare di soddisfare gli standard. È sbagliato cercare di modificare le norme in modo che possano essere utilizzati per certificare prodotti che sono non sicuri. Spero che la comunità degli Standard Europei si opporrà a tali mosse, ma la lobby industriale è molto forte e ci sono molti soldi in gioco.
Ms: Commenti la seguente frase: "la cambridge machine (test abrasione) non funziona bene e non è affidabile".
PV: Questo è un completo non-sense citato da coloro che risentono del fatto che i loro prodotti sono "non sicuri" e la Cambridge-machine li identifica come tali. Questi critici vogliono una macchina che validi i loro prodotti, non una che stabilisca la differenza tra prodotti buoni che proteggono e quelli che non lo fanno.
Una macchina per i test - la "Darmstadt" - era stata valutata durante le discussioni tecniche avvenute durante la elaborazione della EN 13595. È stata rifiutata poiché i dati da essa prodotti non erano credibili. Classificava materiali noti come deboli e inaccettabili come migliori della miglior pelle. La sua metodologia era intrinsecamente imperfetta e così è stata respinta come metodo di prova della EN 13595. Purtroppo questo non ha impedito ad alcuni produttori di continuare a usare i dispositivi di tipo Darmstadt e di fare dichiarazioni riguardo ai loro prodotti che la macchina usata nella EN 13595-2 smentirebbe immediatamente!
La Cambridge-machine originale, costruita nel 1994, è ancora funzionante in modo affidabile.
Intervista originale in lingua inglese. Traduzione e grassetti a cura della redazione.
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Commenti
16 comments postedIntervista interessante ed informativa. Thanks!
Grandissimi!
Vi ringrazio per quest'intervista, davvero molto interessante. Sono curioso di sapere quali saranno i prossimi intervistati se già li avete, come li avete convinti a farsi intervistare e quali saranno le loro risposte!
Quando PV dice " ma questo è perché fino ai giorni recenti le marche maggiori non avevano preso la decisione di far approvare i loro prodotti e così l'abbigliamento omologato CE era offerto solo da marche di nicchia" significa che adesso produttori più generalisti proporranno anche loro prodotti correttamente omologati a livelli decenti? Ne dubito...
Intervista utilissima e ben fatta! Complimenti a chi l'ha ideata, questo è fare informazione a tutto campo!!
Ormai siete dei professionisti della sicurezza!!
Grazie!!!
bell'intervista, in linea con le nostre idee in fatto di abbigliamento sicuro.
si possono avere anticipazioni su quali saranno le ditte contattate?
ottima intervista, ottima traduzione, ottime informazioni..
Bravo Alax! Le informazioni che sei riuscito a carpire a Paul, anche dal punto di vista storico delle omologazioni, sono eccellenti!
... invece di pensare a proteggere i loro clienti, pensano solo a proteggere il loro tornaconto immediato.
In altre parole, temendo che un abbigliamento protettivo "imposto" possa penalizzare le vendite (come accadde nel 1986 per il casco obbligatorio) fanno finta che non esistano le omoogazioni e "consigliano" capi che di protettivo hanno ben poco.
Andate a leggere il comunicato stampa di oggi dell'ACEM (associazione costruttori europei) e soprattutto l'istruttivo manualetto in pdf:
http://www.acem.eu/cms/ppe.php
sarebbe il caso di fare un'appendice all'intervista, caro Alax, con i commenti di Varnsverry a queste cose...
comunque avanti così!
Ragazzi, sempre meglio! Questo sito sta diventando un punto di riferimento per la sicurezza nell'abbigliamento, grazie Alax!!
Credo che queste domande vadano girate ai grossi e famosi produttori, nonchè agli 'esperti' delle riviste motociclistiche. Metto 'esperti' tra virgolette perchè ne abbiamo lette di tutti i colori...
Il nostro segugio Alax sta già lavorando per girare le domande ad alcuni rappresentanti di grandi aziende, i quali si sono resi gentilmente disponibili a confrontarsi sull'argomento.
Grazie a tutti del supporto, e se mi scusate il momento d'orgoglio, mentre ovunque tutti si limitano a fare copia e incolla, qui si propongono contenuti originali. Non è poco.
Inoltre la lunghezza e la specificità dell'argomento richiedono lettori attenti, preparati, intelligenti, non superficiali. Come voi. Anche questa è merce rara nel "mondo di internet".
Continuiamo così!
...ad Alax per aver riportato l' autorevole opinione del "GURU" Paul
Aggiungerei una terza motivazione ,oltre alle 2 citate da Paul, per cui i produttori osteggiano i capi omologati: è quasi impossibile attualmente (se non a costi elevati...) produrre questi capi nelle zone del far east
Complimenti ancora a tutto il forum e continuate così
ottimo lavoro.. anche se nn nascondo vorrei mettere le mani sul database di Paul x conoscere ne dettaglio i comportamenti questi prodotti spacciati x protettivi e di cui magari ognuno di noi ne possiede uno!
Iniziativa mooolto lodevole !!
Sarebbe ora di smascherare le lobby capaci solo di decentrare,per poi meglio sfruttare e speculare (far cassa)!!
speriamo che le lobby non vincano riuscendo ad abbassare i livelli di sicurezza per i propri interessi andando contro gli interessi dei motociclisti
Ottimo lavoro, come di consueto.
Continuate così!
su inmoto e c'è l'intervista a Carlo Marchetto, titolare della Clover , interessante sopratutto quando afferma che capi omologati sarebbero troppo impegnativi, troppo pesanti e ingombranti, dice anche..la legge dovrebbe considerare il necessario confort, il compromesso....
Lasciando intendere che una normativa meno restrittiva sarebbe meglio.
Solita minestra le aziende vogliono fregiarsi dell'omologazione però su capi che non proteggono, ....però sono comodi!.
Invece di utilizzare la ricerca per produrre abbigliamento omologato confortevole, si preferisce ammorbidire la normativa e continuare a fare solo profitto tanto chi se ne frega della protezione "reale" del motociclista.
Hai colto esattamente il punto.
La tecnologia c'è, esiste, ci sono cellulari che fanno il caffè e non sanno, non vogliono, produrre capi comodi e sicuri.