Egregio Direttore della nota e importantissima rivista Motociclismo.
Noto con piacere che nel numero di marzo 2010 della sua testata, il signor Enrico T. le porge un quesito a proposito della quasi totale assenza di abbigliamento omologato nei cataloghi dei produttori. Quesito che si chiude con una provocazione: quanto resiste davvero un capo in cordura in caso di caduta?
La Sua risposta verte su tre punti:
- le omologazioni sono solo professionali e non destinate al pubblico;
- cito: "produrre capi omologati è molto costoso e ciò grava notevolmente sul prezzo al pubblico";
- e ancora: "inoltre l'abbigliamento omologato, per resistere ad eventuali cadute, risulterebbe molto scomodo".
Per sgombrare eventuali dubbi, specifico che il gentile signor Enrico non è mia diretta emissione nè è stato incoraggiato da noi a scriverLe. Ad essere sincero non ho nemmeno idea se sia o meno un membro della nostra community. Quindi, alla luce di ciò, dovrei essere contento che il nostro sito è stato citato sulla Sua pregiata rivista? Certo, fa sempre piacere avere lettori attenti ed attivi. Fa piacere anche il confronto con realtà solide e rinomate come "Motociclismo". Fa meno piacere constatare che la sua risposta è una clamorosa occasione mancata.
Un'occasione mancata da parte del giornalismo italiano che in questo caso oggi Lei ci rappresenta, di argomentare conoscendo ciò di cui parla, di verificare le notizie che dà, di informare.
Per motivare le mie parole è il caso di andare a confutare punto per punto le sue teorie.
Primo: vero, le omologazioni specifiche come "Dispositivo di Protezione Individuale" dell'abbigliamento per motociclisti sono destinate già nell'intestazione a un pubblico professionale. Ma come lei certo saprà questa destinazione è stata decisa per pressioni "politiche" delle industrie di abbigliamento. Il Cambridge Standard, che di sicuro conosce, e che è stato preso da modello per la norma EN 13595, infatti, non è stato istituito per uso solamente professionale. E in ogni caso la "denominazione" professionale non esclude l'utente privato dal poter utilizzare un prodotto omologato.
Ad esempio, io privato cittadino posso scegliere chessò di acquistare un guanto da giardino o una scarpa da tennis per vangare l'orto, oppure posso optare per un guanto e una scarpa omologati secondo la normativa professionale anti-infortunistica. Per l'abbigliamento motociclistico è uguale. Ho facoltà di scelta, e posso scegliere l'abbigliamento omologato anche se "professionale". Senza alcun vincolo legale. È perfettamente lecito. Anzi, non vedo motivo perché la pelle di un poliziotto debba essere più preziosa della mia (fermo restando che in Italia i motociclisti professionali non hanno alcun obbligo di usare abbigliamento omologato).
Secondo. Il costo di progettazione. Ma secondo lei noi motociclisti dovremmo preoccuparci di quanto costa ad un'azienda omologare i capi che produce? A noi motociclisti interessa che siano sicuri. I costi di sviluppo saranno problemi delle aziende. Che poi, soprattutto, non è affatto vero che omologare costa molto. Anzi. Per una media-grande azienda i costi di ottenere una certificazione sono irrisori. Certo, ci vuole tecnologia, ci vuole impegno, ci vuole inventiva, ci vogliono progettisti all'altezza, ci vuole una linea produttiva valida. Mi vuole dire che le aziende di abbigliamento non hanno queste cose? E dovremmo esserne lieti?
Poi, grande inesattezza, che l'abbigliamento omologato abbia costi proibitivi per l'utente è falso. Ad esempio le giacche omologate partono, a listino, da meno di trecento euro. Prezzi sensibilmente minori delle analoghe proposte non omologate di marchi famosi.
Terzo. Che l'abbigliamento omologato sia scomodo, beh, è una sua personale opinione. Immagino conosca e abbia provato tutte le proposte sul mercato e parli per esperienza personale. Anche fosse vero, ciò rimane una sua rispettabile ma opinabile opinione personale. Tanto più opinabile quanto "ufficializzata" dalla firma di direttore di una prestigiosa testata. Eppure chi usa capi omologati non nota una scomodità superiore a quella degli omologhi non omologati. Anzi. C'è chi è molto soddisfatto per l'ergonomia dei propri capi certificati. Sa, se ricorda bene, l'ergonomia è un criterio previsto nelle omologazioni, ma spesso dimenticato anche dai produttori più blasonati che snobbano le certificazioni (un esempio che sicuramente conoscerà: le giacche che tolta l'imbottitura presentano protettori ballerini).
Tra l'altro, se mi permette, lei dice che i capi omologati "per resistere alle cadute" devono essere pesanti e scomodi. È quindi una involontaria ammissione che i capi non omologati, che invece sono risaputamente tutti leggeri e comodi, "non resistono alle eventuali cadute"? Forse un lapsus, chissà. Ma nel dubbio ci penso io a confermarLe che ha ragione: i capi non omologati che siano leggeri, comodi, economici, quello che vuole, non garantiscono in alcun modo di proteggere da alcuna caduta. Può darsi di sì, può darsi di no. Spesso no.
Spiace insomma vedere come un'autorità come lei, che sicuramente conosce la verità, per qualche motivo a noi oscuro sceglie di sposare le vecchie tesi dei produttori di abbigliamento, che si trinceravano dietro queste scuse perché non avevano l'interesse ad investire nello studio di nuove tecnologie veramente protettive per il motociclista. Ma sarà al corrente senza fallo che a breve la denominazione "professionale" verrà depennata dalla denominazione delle norme. E quando cadrà il velo di ignoranza anche gli stessi motociclisti inizieranno a chiedere prodotti che garantiscano la sicurezza in modo tangibile. E un giorno l'abbigliamento da moto "sicuro" sarà una moda, e tutti i produttori e tutti i direttori di riviste affermeranno quanto le omologazioni sono importanti e che loro, veri profeti, l'avevano sempre detto.
Infine, siccome non ha avuto lo spazio di rispondere su quanto protegge davvero la Cordura, le corro in aiuto io con la risposta: ehm "la Cordura usata abitualmente nell'abbigliamento da moto totalizza al test dell'abrasione stabilito dalla EN 13595 tempi di resistenza inferiori al secondo". Ma sono sicuro che lo sapesse già.
Cordialità.