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Concludiamo l'anno con questo nostro commento critico all'EICMA 2013 e quindi alle novità del settore di questo autunno-inverno. Un auguri di un felice Santo Natale a tutti i lettori.
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L’Eicma 2013 si è presentato maggiormente votato alla sicurezza rispetto alle edizioni precedenti, con tanto di Eicma “Area Sicurezza” presente sulle mappe dell’esposizione. L’area sicurezza è stata ben pubblicizzata dall’organizzazione fieristica stessa in dati termini: “una delle sfide più importanti per l’industria delle due ruote è la sicurezza. Ricerca e sviluppo sono il volano per creare un ponte con il futuro e supportare la ripresa del mercato. Confindustria ANCMA, l’Associazione Nazionale Ciclo Motociclo e Accessori, lavora in questa direzione sviluppando un dialogo costante con le istituzioni, realizzando progetti sperimentali, supportando campagne di sensibilizzazione.” Da una riflessione sull’area sicurezza stessa può partire questa nostra analisi critica all’abbigliamento e alla “sicurezza” presente in fiera. Nell’area sicurezza erano presenti essenzialmente gli stand delle forze dell’ordine e delle forze militari, che ringraziamo ogni giorno per l’impegno di tutelarci dai rischi della strada, anche se molti utenti della strada forse sentono, a volte erroneamente, a volte no, più l’impegno ad elevarci contravvenzioni amministrative appena si apre uno spiraglio di infrazione.
Per quanto riguarda i progetti concretamente destinati alla fruizione del pubblico erano presenti queste marche: Eyecatch, Momodesign, Smook ed infine Motoairbag e ProMBS. Iniziamo dalla fine: abbiamo volutamente lasciato come ultime nell’elenco Motoairbag e ProMBS, poiché riteniamo che i prodotti di queste società e le attività delle stesse siano genuinamente e concretamente orientate alla sicurezza dei motociclisti. La prima, presente peraltro anche con proprio stand, è una azienda che da anni produce un proprio, originale, sistema di airbag per motociclisti, di cui menzioneremo più avanti, la seconda, ProMBS, è una nuova realtà che ha sviluppato un sistema per ridurre il rischio di lesioni in caso di impatto (riduce fino al 30% i danni al tronco a 40 km/h) di un motociclisti con un guard-rail o con un “palo” presente a bordo strada. Complice la pluriennale cecità delle istituzioni ancora oggi i guard-rail e la segnaletica verticale installati sulle strade sono mortali per i motociclisti. Il sistema messo a punto da ProMBS è un cilindro di polietilene (riciclato) che, anche grazie ad una speciale nervatura e struttura, installato su i paletti che sorreggono il guard-rail, consente di ridurre le lesioni a carico del motociclista. Certo, non è una soluzione definitiva, tra le varie cose necessità di una pulizia programmata del sotto del guard-rail, ma è sicuramente quella economicamente e temporalmente più alla portata da parte delle istituzioni italiane. L’ideale sarebbe un guard-rail che nella parte inferiori presenti una soluzione continuativa in plastica, tale idea dovrebbe essere in progettazione da parte della ProMBS, in modo da impedire non sono l’urto con il paletti, ma anche l’“incastro” dello sfortunato motociclista sotto al guard-rail. Passiamo ora alle altre aziende presenti nell’area sicurezza; in primis Eyecatch, che essenzialmente produce un oggettino che contiene dei led e che proietta dietro alla moto delle strisce rosse per terra, aumentando presumibilmente la visibilità notturna del motociclista. Da quel che è comunemente ritenuto, qualsiasi luce o lampada che si monta su una moto (o macchina) deve essere perlomeno omologata ECE, se non prevista dal costruttore stesso del veicolo, questo oggetto non pensiamo lo sia, e peraltro abbiamo i nostri dubbi sulla sua efficacia nel diminuire gli incidenti, non è certo con una luce di posizione in più che si aumenta la visibilità di un motociclista; il sito -al momento dello scrivere- poi è composto dalla sola homepage e quindi non è dato sapere su eventuali studi in tal senso. Passiamo poi a Momodesign, azienda che produce dai profumi ai caschi, passando per le penne, come si evince dal sito. I suoi caschi sono indubbiamente degli oggetti ben costruiti, anche con cura, e copiati da moltissimi concorrenti (“i momo tarocchi”, così pare si chiamino le imitazioni); tuttavia già che non sia presente nemmeno un integrale nella collezione (almeno così risulta a data odierna dallo store online) ci lascia già dei dubbi circa la presenza di tale azienda nell’area sicurezza. Visto la presenza, istituzionale, di tante ff.oo. sarebbe stato più appropriato, ma specie più propedeutico ai fini dell’apprendimento di sicurezza da parte dei visitatori, parlare della classifica di sicurezza SHARP condotta dl ministero dei Trasporti del Regno Unito. Una classifica che, testando indipendentemente i caschi integrali e modulari in commercio, permette di orientarsi circa la sicurezza effettiva del casco che si va acquistando. Infine la Smook, azienda nata, pare, come una fenice dalla venduta Spyke. Non abbiamo capito la ratio della esposizione di questa azienda in questa area, l’area sicurezza, rispetto ad altre. Una azienda che non pare condurre un research and development particolare per i propri prodotti, anzi sul sito non pare ci sia menzione di certificazione dei capi che produce. Siamo ovviamente pronti a smentite, comunque altre aziende, anche italiane, che producono capi certificati, avrebbero sicuramente meritato maggiormente di essere esposti nell’area sicurezza. Una nota per i poliziotti presenti nell’area sicurezza: penso che almeno a partire dal D.Lgs. n. 626/1994 avete il diritto di pretendere capi certificati dal proprio “datore di lavoro”, e non di andare in giro protetti in modo ridicolo. Ciò vale anche per i postini, i ragazzi che portano la pizza etc.
Passiamo ora alle aziende che hanno esposto i loro prodotti al di fuori della “cosiddetta” area sicurezza. Partiamo dalle aziende che producono protettori in senso stretto, passando per quelle che producono abbigliamento tradizionale, finendo con quelle che producono airbag. Iniziamo con D3O, azienda che in questi ultimi anni, grazie a ottime campagnedi marketing (tanto di cappello ai responsabili), è diventata fornitrice di tantissime marche. La base sarebbe un fluido non-newtoniano o qualcosa di simile, che una volta colpito si indurirebbe, ma nella pratica, a nostro avviso, le protezioni certificate sono sempre un classico poliuretano o “giù di lì”. Anche perché qualcosa che si indurisce all’impatto trasmette all’altro corpo energia, non la assorbe o disperde. Ma tralasciando dei, sicuramente errati, rigurgiti di fisica liceale, passiamo ai fatti. All’EICMA 2013 è stata presentata la serie Cobra che passerebbe brillantemente i test del nuovo standard EN 1621-2, tranne, apparentemente, a temperatura “calda” (il nuovo standard prevede test in ambiente modificato). Il problema è che i test sono stati condotti secondo una draft, una bozza, la “FprEN1621-2:2013” e quindi, a nostro avviso, sono poco indicativi del prodotto che alla fine verrà messo in vendita, difatti in fondo al foglio di presentazione ritroviamo un disclaimer di tre righe. Un'altra questione che ci ha fatto storcere il naso è simile: nei pressi dello stand D3O c’era un cartello pubblicizzante una nuova protezione D3O come di livello 2 del nuovo standard EN 1621-1, recentemente rivisto. Il problema è che, come scritto in piccolo sul cartello stesso, la protezione è di livello 1, poiché a caldo non passa il livello 2, ma solo il livello 1. Ecco questo, rispetto all’utente medio, disinformato (giustamente, perché non tutti possono essere “operatori di settore”) è una pubblicità perlomeno non corretta. Un’altra grossa marca produttrice di protezioni presente all’EICMA 2013 è Forcefield. Attualmente, per quanto ne so, vende il paraschiena con minore forza residua e quindi quello più sicuro, il Pro Sub 4, da noi personalmente provato in un laboratorio accreditato. I prodotti Forcefield di fascia media erano però, a nostro avviso, carenti per quanto riguarda la protezione da penetrazione (test comunque non previsto dalla normativa), con il nuovo modello di fascia media il Pro L2K Evo (e con il nuovo chest protector) si promette di porvi rimedio con delle nervature, vedremo da eventuali futuri test. Interessante, sempre per quanto concerne la sicurezza in senso più ampio, la soluzione proposta da DiX, l’importatore italiano di Forcefield. Si tratta di CarbonFlex, un prodotto che viene steso sul lato interno degli pneumatici e impedisce la foratura per tagli fino a 15 mm, garantendo una efficacia fino a 200 km/h. Chi scrive ha sempre avuto il terrore di forare in moto ad alte velocità e auspicherebbe, da parte dei produttori di motociclette, una trattamento di serie di questo tipo per le moto vendute.
Dal punto di vista dell’abbigliamento “tradizionale” non ci sono considerevoli novità di settore. Il trend generale è quello di una maggiore attenzione alla sicurezza, ma ciò che si è notato è sicuramente il tentare di farlo in modo furbesco. Qualche esempio: è maggiore l’attenzione da parte dei consumatore verso i prodotti fluo, ad alta visibilità, non più visti come brutti, ma come capace di ridurre veramente le probabilità di un incidente (precisamente del 37%). Il problema nasce dal fatto che molte marche propongono capi spacciandoli come certificati come EN 471, quando in verità, siccome questa norma (e anche un’altra affine, la EN 1150) prevedono superficie minime e disegni ben precisi, sono soltanto i materiali che soddisfano alcuni requisiti della normativa e spesso dei capi spacciati come ad alta visibilità non lo sono affatto, non ostante certificati millantati. Dal punto di vista della sicurezza dei capi tecnici invece non ci sono particolari novità. Le marche francesi, tra cui spiccano, Ixon e Furygan, sembrano aver riproposto (“ri” poiché in passato già si erano sollevate polemiche simili), dei capi apparentemente certificati, ma che lo sono, pare, solo genericamente (si legga: non seguono i dettami delle norme di riferimento, quali la EN 13595). Ad esempio, come peraltro riportato sullo stesso sito Furygan, la giacca Titan riporta un simbolo “CE” e il pittogramma preso dalle norme tecniche armonizzate (un motociclista stilizzato), senza però menzionare la norma di riferimento, la EN 13595, né sotto al pittogramma né tra la descrizione della giacca. Simili comportamenti possono trarre in inganno il consumatore. Da lodare invece marche italiane come la Clover o la Gimoto, le quali hanno in listino dei capi prodotti in Europa e certificati EN 13595 . In particolare la Clover è l’unica azienda italiana, per quanto noto, che ha in listino un intero range (completo pelle divisibile, completo pelle, completo tessuto) certificato EN 13595 . Una new entry tra le marche italiane è la Vircos, che renderà a breve disponibile una tuta certificata EN 13595 livello 2, la AirGap, la cui particolarità, oltre alla certificazione (che,by the way,dovrebbe essere un punto di partenza di tutto il mercato e non, come è, una particolarità di poche aziende) è un proprio sistema di protezione aggiuntiva, realizzato con un dispositivo airbag a controllo elettromagnetico certificato EN 1621-4, che andrà, a differenza di altre soluzioni proposte sul mercato, ad integrare in modo poco invasivo la protezione dei protettori e paraschiena tradizionali. Interessante è il disegno di questo airbag, che protegge anche la parte frontale delle cosce, zona particolarmente esposta (zona due secondo la EN 13595 ) secondo gli studi di settore e praticamente mai protetta a causa della anatomia e quindi della necessaria ergonomia. Prendendo spunto dalla novità Vircos possiamo dire che non ci sono sostanziali novità circa gli airbag. Tralasciando la oramai costante presenza di sistemi simili o derivati dalla Hit-Air, la cui efficacia (e innocuità) è quantomeno dubbia (si veda questo nostro vecchio articolo), Dainese (che malelingue indicano come in difficoltà economico-finanziarie e, forse, in cessione o alienazione a soggetti esterni al mondo motociclistico, sarà vero?) ha presentato una partnership con BMW circa la utilizzazione dell’airbag su i capi della stessa BMW. Ciò sicuramente porterà ad un maggiore diffusione di questa tecnologia, almeno tra i clienti BMW e almeno a partire dal 2015 anno in cui dovrebbe essere lanciata sul mercato; tecnologia che parrebbe abbastanza invasiva anche per i non pochi sensori posti sulla motocicletta e che, complice il costo elevato e la raffinatezza tecnologica, lascia molto perplesso il mercato. La italiana Motoairbag, sempre attenta agli studi e alla certificazione dei propri prodotti, ha ampliato al gamma del tradizionale gilet-airbag, presentato il MAB 2.0 , ovvero un airbag dotato di protezione toracica.
Tirando le somme, i consumatori sono sicuramente più sensibili alla propria sicurezza, fortunatamente. Il mercato però tende, salvo delle eccezioni, a rispondere lentamente e, troppo spesso, con soluzioni equivoche. Confidiamo e speriamo in un miglioramento graduale e invitiamo i consumatori a informarsi e scegliere consapevolmente, senza lasciarsi “ingannare”.